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Age Management: verso dove stiamo andando?

L’invecchiamento della forza lavoro è una questione di primaria importanza per tutti gli stati membri dell’Unione Europea, al punto da far ritenere necessaria la stesura di una speciale Guide to good practice in age management, una guida in cui vengono raccolte le pratiche più efficaci per la gestione delle generazioni in azienda.

Dal punto di vista demografico, la sfida che l’Unione Europea si prepara ad affrontare nel corso dei prossimi 20 anni, è l’aumento dell’età media della popolazione attiva sul lavoro, associata a una diminuzione del numero di persone che rientrano nelle fasce di età in cui mediamente si è impegnati professionalmente.

Inoltre, l’aumento della speranza di vita accrescerà la pressione sui sistemi di previdenza sociale e renderà necessario che i governi, gli attori sociali e le aziende lavorino insieme per sostenere e sviluppare le competenze e l’occupabilità delle persone più avanti con l’età. Una politica di gestione generazionale, infatti, deve partire dall’azienda ma non può limitarsi a questo livello, poiché per risultare efficace dovrebbe essere sostenuta a un livello più sovraordinato, come quello sociale ed economico.

Il presupposto è che la coesistenza di professionisti appartenenti a generazioni molto diverse possa essere un vantaggio per l’azienda, sotto molti punti di vista. Si sta cercando una strada che consenta da un lato di favorire in maniera più veloce possibile il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro per i più giovani, ma contemporaneamente che possa valorizzare l’expertise dei lavoratori senior. Attivare buone pratiche in un’organizzazione rappresenta un vantaggio per l’azienda nella misura in cui promuove lo sviluppo di una cultura aziendale sensibile ai cambiamenti demografici e che è, di conseguenza, sostenibile nel tempo. Per questo, è possibile ipotizzare un effetto più duraturo e uno sviluppo organizzativo più efficace. 

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