Era il 30 aprile 1927 quando la Carta del Lavoro pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 sanciva per la prima volta in Italia il diritto al periodo annuo feriale di riposo retribuito. Da allora, molto si è dibattuto sul senso e sulle modalità di utilizzo delle ferie, e ancora oggi il modo di intendere questo diritto è in continuo cambiamento. Per esempio, se in Italia la tendenza sembra essere quella di non usufruire della totalità dei giorni di ferie a disposizione nel corso dell’anno, in altre parti d’Europa la questione è affrontata diversamente. In Svezia, ai sensi della legge sul congedo annuale, tutti i lavoratori dipendenti hanno diritto a un minimo di 25 giorni lavorativi di ferie: un numero maggiore dunque rispetto ai dipendenti italiani, che devono affrontare giornate lavorative mediamente più lunghe e con periodi di riposo inferiori. Questo è solo un primo segnale dell’importanza di mettere tra parentesi, se pur per brevi periodi, i ritmi lavorativi.
Aziende del calibro di Netflix, Virgin e LinkedIn hanno infatti deciso di mettere in piedi una policy spiazzante e innovativa per la gestione delle ferie: si chiama discretionary time off e prevede che i dipendenti possano prendere tutte le vacanze che vogliono, in qualsiasi momento dell’anno, a condizione che questo non comprometta i progetti a cui stanno lavorando. Una follia? No, un modo per responsabilizzare i lavoratori: offrendo loro l’opportunità di gestire il proprio tempo, si ritiene che possano essere maggiormente creativi e motivati e, contemporaneamente, anche più attenti alle loro responsabilità nei confronti dell’azienda e delle task che stanno portando avanti.
Il tempo di riposo diventa dunque sartorializzato in base alle esigenze personali di ogni singolo dipendente e contribuisce ad aumentare il livello di engagement, rendendo significativo l’investimento che lavoratore e azienda mettono reciprocamente in campo.