LA VISIONE STRATEGICA NELLE IMPRESE
La visione strategica canalizza le possibilità che un’azienda sceglie per sé per ciò che riguarda l’approccio al mercato, al cliente e alla gestione dei processi… Leggi tutto »LA VISIONE STRATEGICA NELLE IMPRESE
La visione strategica canalizza le possibilità che un’azienda sceglie per sé per ciò che riguarda l’approccio al mercato, al cliente e alla gestione dei processi… Leggi tutto »LA VISIONE STRATEGICA NELLE IMPRESE
In un recente articolo della BBC, Phil Tinline parla di una preoccupante corporate amnesia riferendosi alla possibile perdita di memoria a cui molte aziende potrebbero… Leggi tutto »CORPORATE AMNESIA
Ormai da tempo, le aziende si avvalgono di programmi di formazione basati su modalità esperienziali di apprendimento, che hanno sostituito in buona parte le così… Leggi tutto »LE SFIDE DELL’OUTDOOR NELLA FORMAZIONE AZIENDALE
Chi si occupa delle organizzazioni e delle complesse dinamiche in cui sono inserite, condivide da tempo l’idea che una certa quota di errori sia da… Leggi tutto »ERRORI? SÌ, GRAZIE.
È il 1977, quando Richard Normann, noto consulente di management sui temi della strategia e dello sviluppo imprenditoriale, propone uno dei concetti più discussi e… Leggi tutto »Come nasce una Business Idea?
Negli ultimi decenni abbiamo assistito, in ambito aziendale, all’evolvere di fenomeni molto diversi tra loro: globalizzazione/localizzazione, networking, innovazione. Sembra tuttavia possibile rintracciare un filo conduttore che dia loro coerenza all’interno di un contesto generale e cioè l’importanza sempre maggiore degli asset intangibili. Essi hanno assunto una tale rilevanza poiché rappresentano, a parità di capitale investito, ciò che fa la differenza anche in termini di performance. In un contesto economico basato su una Knowlegde Economy, essi hanno inevitabilmente avuto implicazioni notevoli anche per quanto riguarda la valutazione (Canoro, 2010).
Fermarsi ad analizzare i processi di valutazione che ogni azienda definisce significa comprendere quali strumenti essa adotti per far fronte ai cambiamenti organizzativi: definire un obiettivo e non avere strumenti efficaci per valutarlo, non permette all’azienda di riconoscere cosa sta o non sta funzionando e il cambiamento risulta ostacolato.
La prospettiva costruttivista propone uno sguardo interessante su come i processi di valutazione siano indispensabili e imprescindibili per poter guardare al futuro con l’audacia di chi intende governare i cambiamenti, piuttosto che subirli. L’idea di fondo di G.A. Kelly (1955) e di molti altri autori che si riconoscono nel Costruttivismo radicale (tra cui H. von Foerster e E. Von Glasersfeld) è che non può esistere una realtà indipendente dall’osservatore e che pertanto, l’unico modo che abbiamo di conoscere è attraverso la nostra esperienza. Le ricadute di questo nel processo di valutazione aziendale iniziano nel momento in cui l’obiettivo della valutazione non è più l’analisi di una realtà oggettiva, ma piuttosto la comprensione dei processi, personali e aziendali, che conducono al cambiamento.
Le aziende, allo stato attuale, si configurano come sistemi flessibili e in continua evoluzione, perché in continua evoluzione è il macro sistema in cui sono inserite. Adattare di conseguenza i processi di valutazione, da un lato rende sempre più complessa la definizione dei criteri, ma dall’altro sembra essere l’unico modo per non soccombere di fronte al cambiamento costante dello scenario economico.
La complessità della valutazione, inoltre, è da ricercarsi nel fatto che al centro dei processi di valutazione ci sono sempre di più le persone, in quanto da loro dipende la possibilità di promuovere i cambiamenti.
Questo spostamento di focus non significa tuttavia che le regole delle valutazioni debbano essere arbitrarie o poco definite, ma al contrario pone l’accento sulla necessità di trasparenza dei parametri di valutazione e sull’importanza della co-costruzione degli obiettivi.
Leggi tutto »La valutazione in azienda: vincolo e possibilità per il cambiamento
Ristrutturazioni aziendali, riorganizzazioni interne e career development plan sono all’ordine del giorno in uno scenario in cui il cambiamento è il ponte verso il successo delle imprese. Tutti questi aspetti hanno delle notevoli implicazioni sulla quotidianità lavorativa di chi l’azienda la vive da dentro e occupano una posizione di forte impatto nell’analisi del clima aziendale, non sempre sereno e stimolante.
Ed è proprio nell’ottica di promuovere un clima di cooperazione e valorizzazione delle risorse che è necessario riflettere sul rapporto che lega aziende e organizzazioni sindacali. In un documento promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si suggerisce che nel corso del tempo le parti sindacali hanno offerto il loro contributo nella ricerca delle modalità più efficaci per far rispettare quanto previsto dalla contrattazione collettiva nazionale, focalizzandosi sulle così dette “tutele universali”, cioè quelle che riguardano indifferentemente tutti i lavoratori. Nel momento in cui però gli scenari lavorativi sono diventati sempre più variegati e specializzati, sembra che alle tutele con focus così esteso, si debba affiancare un’attenzione maggiore alle relazioni individuali e alle esigenze specifiche dei singoli lavoratori.
Quello che si sta delineando è in sostanza un passaggio a una prospettiva in cui le relazioni sindacali contribuiscono a generare valore nelle aziende nella misura in cui sono in grado di valorizzare le posizioni individuali, oltre che quelle collettive.
Leggi tutto »Aspetti relazionali e ruolo dei sindacati nella gestione dei conflitti
Uno degli aspetti che possono essere utili nel comprendere i processi di cambiamento, riguarda l’analisi della così detta comfort zone e, nello specifico, le ragioni per le quali non è facile metterla da parte e fare qualcosa di diverso.
In ambito aziendale, è un concetto che viene proposto per enfatizzare comportamenti e scelte personali che sono orientate al mantenimento dello status quo, piuttosto che alla ricerca di cambiamenti o scenari mutevoli.
Per comfort zone si intende quindi tutto ciò che risulta conosciuto, ampiamente sperimentato e che viene mantenuto invariato nel tempo. Per questo motivo, essa non include solo aspetti positivi: può riguardare anche situazioni che non ci rendono pienamente soddisfatti. Le paure e le preoccupazioni che si ripresentano uguali e costanti possono rappresentare una zona di comfort, nella misura in cui siamo ben consapevoli di come sono fatte, come gestirle, quali esiti avranno.
Plausibilmente, stare nella comfort zone porta con sé alcune implicazioni positive, sia che si tratti di mantenere situazioni vantaggiose, sia che si tratti di gestire situazioni con risvolti meno appaganti: ci offre la possibilità di non doverci confrontare con ciò che non conosciamo, togliendoci dalla fatica di doverci misurare con scenari di cui non abbiamo esperienza e eliminando il rischio di andare incontro a dei possibili insuccessi o fallimenti.
Leggi tutto »Cos’è la Comfort Zone? Ostacola o favorisce i processi innovativi aziendali?
Impossibile negarlo, le business community sono alla ricerca di nuove professionalità e competenze che possano sfruttare al meglio nuove opportunità e governare il cambiamento. Se… Leggi tutto »Soft Skills, la nuova frontiera del Talent Management
Il vantaggio competitivo delle imprese è sostenibile nella misura in cui esse imparano a cambiare continuamente, a migliorare la qualità dei loro servizi e prodotti, a incrementarne il valore e ad innovare meglio e prima dei concorrenti. A tale scopo, necessitano di definire, implementare e sfruttare competenze sempre nuove, di revisionare costantemente il modo in cui le creano e le acquisiscono, ma anche di trovare nuovi modi per utilizzarle. Tale prospettiva, rende necessario rimettere in discussione il ruolo di leader e le competenze ad esso connesse, così da delinearne i punti cardine in linea con i presupposti di cambiamento e autopoiesi da cui l’azienda non può prescindere.
Se pensiamo alle organizzazioni come sistema di relazioni interdipendenti che portano alla costruzione di significati condivisi e a pratiche professionali ben precise, possiamo allora considerare come un ruolo fondamentale del leader il suo intervento per la creazione e l’implementazione di significati condivisi all’interno del team.
Parlare di leadership allora significa porre l’accento su quei processi legati alla costruzione di relazioni all’interno del gruppo e su come le varie posizioni che emergono dall’incontro tra professionisti debbano essere negoziate, nella direzione di una cultura d’impresa condivisa e vincente. De Polo (1998), parlando di leadership, fa riferimento ai processi che facilitano sia la formazione di una rappresentazione del gruppo, del compito e di come svolgerlo sia lo sviluppo dei singoli membri, aiutandoli a trovare le risorse per realizzare gli obiettivi personali e professionali.
Nella prospettiva dei costrutti personali, una leadership efficace è basata sulla relazioni, poiché una persona può avere un ruolo in un processo sociale che coinvolge un’altra persona nella misura in cui ne costruisce i processi di costruzione (Kelly. 1955, p. 95). Ciò implica che quanto più un leader riesce a comprendere le caratteristiche rilevanti dei sistemi di costruzione dei membri del gruppo e del modo in cui essi stanno in relazione tra loro, tanto più potrà favorire l’accelerazione e l’evoluzione dei processi del gruppo (Kelly, 1955, p. 100). A livello pratico, un leader deve poter costruire i processi di costruzione dei suoi dipendenti e nello stesso tempo mantenere una visione sistemica, così da poter di volta in volta riconoscere nei suoi collaboratori le risorse più adatte per una specifica situazione e metterle al servizio del team a seconda del momento e del contesto. Ciò significa che saprà valorizzare le capacità di ciascun membro, delegando di conseguenza e adattando ruoli e competenze di ciascuno alla situazione contingente.
Leggi tutto »Essere un Leader vincente in un sistema che cambia